Caro agente immobiliare, 

ti chiedo scusa perché in questa mia lettera scrivo a te come sineddoche, rivolgendomi a te come alla parte per il tutto.

Ti scrivo perché vedo i tuoi post, e ti leggo su LinkedIn e sui social.

Io sono il tuo cliente. 

Mi serve aiuto. Ho poco tempo. Non è detto che abbia le idee chiarissime. Ho un bisogno che forse non sono nemmeno in grado di comunicarti al meglio, perché non conosco il tuo mercato, né le sue logiche e neanche il tuo vocabolario. 

Nei tuoi confronti parto con diversi pregiudizi. 

Non ti conosco e sono consapevole che le mie opinioni facciano di tutta l’erba un fascio, ma non puoi negare che su di te – come sineddoche dei player del Real Estate –  girino voci tutt’altro che rassicuranti.
So che non è colpa tua e che non puoi essere responsabile per un settore così poco regolamentato, nei fatti, e così complesso come il tuo. So che non dovrei pensare che tu sia uguale ai tizi e ai gruppi che di professionale hanno solo il reparto marketing.

La mia è solo una percezione, chiaro. 

Solo che, vedi, caro professionista del Real Estate, le percezioni sono l’unica cosa che non ha senso negare.

Quindi ti dico una cosa e visto che mi rivolgo a te come sineddoche, sappi che lo faccio nello stesso ruolo, nella medesima posizione.

Qui, chi ti scrive, è il tuo cliente.

Posso essere un privato che cerca una casa da comprare. Posso essere un single, o un padre di famiglia, oppure una manager in cerca di un appartamento in un’altra città.

Posso anche essere una società che ha un palazzo da alienare, un’impresa che ha diversi immobili da mettere a reddito o un dirigente di Roma che cerca una sistemazione per i suoi collaboratori, a Milano.

Posso essere quello che viene da te ogni sei mesi e ti dice che è pronto ad acquistare, ma poi non compra mai nulla. Oppure quello che dichiara di volere un pentalocale in una certa zona del centro storico e poi salta fuori che ha preso un trilo in periferia. O, ancora, posso essere il tizio che fissa gli appuntamenti e poi ti dà buca. Quello che non ha idea di quanto spendere (o meglio: che non vuole dirtelo, va’ a sapere perché). Quella che ti fa solo perdere tempo.

La cosa che vorrei tanto trasmetterti in teoria è semplice: puro buon senso. Eppure in pratica è una delle faccende più complicate degli ultimi 200.000 anni di storia dell’umanità.

Si chiama empatia.

La capacità di metterci nei panni del nostro interlocutore. 

Quelli bravi dicano ci sia un solo modo per riuscirci: uscendo dal nostro mondo (cioè dal nostro mercato, universo, angolino di comfort) per entrare in quello dell’altro. Smettendo di usare il nostro linguaggio (cioè quello che crediamo conoscano tutti) per scegliere parole che chiunque possa capire. Facendo domande che aiutino chi abbiamo davanti a sceglierci e a fidarsi di noi.

Allora, caro professionista del Real Estate, 

ti prego di accogliere questa mia richiesta e provare, per una volta, a prendermi per mano, capendo chi sono, davvero, che bisogni ho, cosa mi serve, come puoi aiutarmi.

Smetti di lamentarti degli altri, di quelli che lavorano male, di chi dovrebbe cambiare mestiere. Non serve.

Smetti anche di parlare male di me, del tuo cliente. Neanche questo serve: in ogni trattativa siamo (almeno) in due, e se l’uno ha una cattiva opinione dell’altro, brontolare non aiuta.

Piuttosto guardami, professionista.

Non inserirmi in un cluster, ma ascoltami.

Osservami. Studiami. Prenditi il tempo per occuparti di me. 

Usa l’empatia per capirmi e poi usa la tua esperienza e tutte le tue relazioni per aiutarmi a risolvere il mio problema, o realizzare il mio sogno.

Se lo farai, non mi darai solo un servizio ottimo, in cambio di una fee più che meritata, ma costruirai il futuro di tutto il tuo universo. 

Migliorerai anche me (sempre come sineddoche).

Diffondendo buone pratiche, con il tuo esempio, un cliente dopo l’altro, un’esperienza felice alla volta, porterai un miglioramento alla percezione che il mercato ha del tuo settore.

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