Quando cerchiamo casa, il primo posto in cui speriamo di trovarla è la rete. Siamo così abituati a chiedere ai motori di ricerca dove andare a cena, che eventi ci siano nel fine settimana, o quale film andare a vedere, che ci viene naturale pensare che la rete sia il posto giusto per trovare la casa che sogniamo. 

Così una sera, poco dopo le nove e un quarto, inseriamo la nostra chiave di ricerca nello spaziettino bianco. Premiamo invio e davanti ai nostri occhi si materializzano due milioni di risultati in zero virgola quattro secondi.

Gli annunci sponsorizzati sono i primi a comparire, seguiti da pagine e pagine di proposte i cui tag sembrano proprio fare al caso nostro. Uno a uno, cominciamo ad aprirli. Leggiamo le descrizioni, scorriamo tra i testi che descrivono immobili che rispondono alle nostre esigenze. Guardiamo immagini di case che potrebbero andarci bene.

Proviamo a mettere qualche filtro per chiedere al portale su cui ci troviamo di mostrarci gli immobili in ordine di prezzo decrescente, per vedere per prime le case più belle.

Poi proviamo al contrario: prezzo crescente, magari sperando in un affare last minute.

Un lutto in famiglia, un appartamento da vendere in fretta, un impegno che costringe un venditore a vendere il suo immobile e che magari permette a noi, se siamo fortunati, di trovare proprio la casa che desideriamo.

Poi ci viene in mente che nella ricerca di un immobile, come in tanti altri campi,  i filtri non sempre aiutano.

Se per esempio il nostro budget è tra i due e i trecentomila euro, mettere un filtro preciso può escludere risultati interessanti. E se l’immobile ne costasse 305? Oppure 199? 

Allora togliamo i filtri.

Poi magari cambiamo portale.

O visualizzazione: dagli annunci di testo, passiamo alle immagini.

Oppure andiamo a cercare sui portali non ufficiali, quelli “tra privati”, in mezzo ai social, tra Caterina che vende la sua Singer usata ma tenuta benissimo e Pierpaolo che ha una Vespa special care color carta da zucchero.

Tre minuti più tardi ci rendiamo conto che si è fatto tardi. Molto tardi. 

“Ma come?” – ci domandiamo – “Se erano appena le nove e un quarto?”

Invece sono le due del mattino. E noi siamo ancora qui, in rete, a cercare casa. Dobbiamo andare a dormire. Lo sappiamo.

Eppure, prima di chiudere il computer, o il tablet, facciamo un ultimo tentativo: lasciamo la nostra email in qualcuno dei portali che abbiamo visitato, cedendo al fascino della call-to-action:

“Vuoi essere avvisato?”

O compiliamo il form lasciando nome, telefono, account di posta e un bel messaggino per “ricevere informazioni dettagliate”.

Da qui in avanti, la nostra identità è compromessa per sempre. Basta un clic, e noi entriamo nel multiverso dei BigData del real estate.

Da qui in avanti, è poco probabile che ci arrivino notizie sull’immobile (o sugli immobili) per i quali avevamo espresso una preferenza. 

Da qui in avanti, è invece molto molto probabile la nostra casella si riempia di annunci di altrettanti gruppi immobiliari che avendo accesso ai nostri dati ci proporranno:

  • bilocali in zone nelle quali non vogliamo vivere;
  • pentalocali in cittadine che saremmo in grado di raggiungere solo con Google Maps;
  • garage accatastati come loft in ridenti località montane;
  • regge di Caserta con campi da tennis e trattative rigorosamente riservate;
  • aste e fallimenti;
  • trattamenti per allungamenti di varia natura;
  • buoni sconto per ordinare regali di natale che riceveremo a metà agosto, quando saremo già al mare e dei quali poi troveremo l’avviso di mancata consegna nella cassetta delle lettere.

Le ultime due tipologie di annunci non avranno più niente a che vedere con la nostra ricerca di  un immobile, ma compariranno lo stesso perché i nostri dati, ormai, già di pubblico dominio, saranno passati da un database all’altro, venduti, ceduti, acquistati, acquisiti da intelligenze artificiali e bot.

A quel punto non ci resterà che cambiare indirizzo email (o identità, come nella parodia video) sperando di ricordarci per quali servizi/app e piattaforme ci servisse.

Per cercare casa, la RETE può essere un BUON POSTO

A patto di sapere come muoverci (stando molto attenti a non lasciare MAI la nostra email preferita), per cercare casa, come per cercare più o meno qualsiasi cosa, la rete può essere un buon posto perché può servire per farci una prima idea del mercato, per capire cosa ci sia in vendita, i prezzi, le tipologie di immobili, ecc. ecc..

Ma la rete che può aiutarci di più – anche nella ricerca dell’immobile che sogniamo di comprare – non è fatta di bit, ma di persone. La rete che ci serve e ci aiuta di più in assoluto, da che siamo su questo pianeta, è quella tra le persone; è quella che nasce intorno all’essere umano e tra i suoi contatti. 

In molti ambiti, e in altrettanti luoghi, dal real estate all’alta finanza, è la rete di conoscenze che fa la differenza tra trovare quello che cerchiamo e perdere un sacco di tempo.

>> E adesso? Niente “call to action”?

>> No. Se sei qui, non serve.

🙂

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